Coniglio bianco, coniglio rosso

Nassim Solemainpour è uno scrittore iraniano, ha 29 anni ed è in prigione. Decide che se non può evadere fisicamente, le sue parole lo faranno per lui. Crea un testo teatrale per un attore (o attrice) e riesce a farlo uscire dai confini dell’Iran: White Rabbit, Red Rabbit. C’è un unico vincolo: l’interprete che metterà in scena il testo non deve mai averlo letto, né visto, né deve conoscerne il contenuto fino al momento in cui lo spettacolo avrà inizio – momento in cui lo estrarrà da una busta sigillata.

Si vive perciò il sogno di Solemainpour: non è la compagnia, o l’attore, ad andare in tournée, ma è il testo a farlo – e per suo tramite, in qualche modo, l’autore stesso. Si vive per questo anche il paradosso per il quale si assiste a uno spettacolo che non deve essere raccontato, per non essere reso vano. Proverò quindi a restituire qualcosa di quanto ho assistito, senza rivelare nulla del suo contenuto.

Certamente, White Rabbit, Red Rabbit ci rammenta una delle condizioni fondamentali dell’esistenza stessa del teatro: la presenza viva dell’attore che incontra il pubblico facendosi tramite di un testo. Nessuno (né l’attore, e nemmeno il pubblico) sarà lo stesso una volta visto (o interpretato) questo spettacolo. E qui sta a mio parere il secondo, grande messaggio di Soulemanpour, che con White Rabbit, Red Rabbit erige un monumento alla parola scritta, che si diffonde come un benevolo virus e si rende eterna e si rinnova su ogni palco in ogni luogo. Esco dalla rappresentazione vista stasera in un piccolo teatro della provincia di Torino (a Fiano, 99 posti), con la consapevolezza mai così chiara di questo miracolo. Come spesso accade, è solo quando le si perde che ci si rende conto del valore delle cose: ci vuole un autore iraniano incarcerato per comprendere (e per vivere, come spettatori) fino in fondo il miracolo di una parola che si fa azione, di un pensiero che si insinua nelle nostre menti, insomma di un testo e della sua forza di trascendere i limiti umani dello spazio e del tempo.

Insomma, andate a vedere White Rabbit, Red Rabbit. E dopo esserci andati la prima volta, tornateci: non sarà mai uguale ovviamente, perché anche se il testo non cambia, non esistono repliche. Oppure non andateci, e offritevi di interpretarlo. Se non l’avete visto, siete ancora in tempo – per entrambe le cose. Se invece scegliete di non fare né l’una né l’altra cosa, vi capisco: è pur sempre un virus in meno a cui vi esporrete.

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Precario. Un’odissea.

Credo sia più facile entrare alla CIA che fare l’insegnante in Italia. Un’odissea irta di corsi, ricorsi e trappole sadiche, nella quale devi pensare che “sei fortunato” se riesci ad avere le stesse classi per due anni di fila, o se resti precario “solo” 6 anni. Un’odissea in cui non sai dove ti porterà il prossimo colpo di testa del ministero, dell’ufficio scolastico, o del famigerato “algoritmo”, l’onnipotente forza che governa le assegnazioni provvisorie. Nel festeggiare un traguardo raggiunto non posso dimenticare l’insulsa marea di ostacoli che ho dovuto superare per arrivare a quest’Itaca. Ho cercato di riassumere in questo post 7 anni di incertezza. Solo sette, perché sono fortunato.

2016: laurea specialistica con lode in glottodidattica. In precedenza avevo svolto un master sullo stesso argomento, purtroppo mai riconosciuto dal ministero.

Tre mesi prima della laurea: riforma del reclutamento docenti. Addio al TFA, arriva il FIT, cioè un percorso di formazione in aula di tre anni non solo non retribuito, ma addirittura a pagamento. Non solo: per accedere è necessario integrare gli esami della laurea specialistica con 24 CFU ulteriori (da pagare a parte). Le materie di tali CFU erano già nel mio piano di studi, ma UNITO mi riconosce solo quelli svolti a Torino (alla faccia dell’equipollenza). Pago il processo di riconoscimento crediti + qualcosa come 200 euro per integrare i CFU “mancanti”, sostenendo un ulteriore esame. (Lato buffo della faccenda: il nuovo sistema di reclutamento “FIT” non sarà mai avviato.)

2017: vengono aperte le iscrizioni triennali per le liste dei supplenti. Mi iscrivo per medie e superiori per inglese, ma un errore della segreteria fa sì che non compaia nelle liste per le scuole superiori, da cui rimarrò escluso di fatto per oltre due anni. Ad oggi, non ho mai insegnato nelle scuole superiori in Italia.

Dal 2016 al 2020 si avvicendano i ministri e ognuno annuncia concorsi che non saranno mai svolti.

Nell’anno scolastico 2017/2018 partecipo a un progetto di scambio in Irlanda per conto del MIUR. Pagato 918 euro al mese dal MIUR lavoro come assistente di italiano in una scuola superiore. Il contratto è atipico, non rinnovabile, e non fa maturare né ferie né contributi. Mentre sono in Irlanda mi faccio riconoscere il titolo di studio per poter eventualmente insegnare anche lì. Il riconoscimento costa alcune centinaia di euro ed è vincolato al superamento di un master integrativo del costo di qualche migliaio di euro da svolgere entro tre anni. Subordino quest’ultimo aspetto alla possibilità di ottenere un posto lì: trovo un’unica posizione aperta in tutto lo stato. Non vengo assunto. Torno in Italia.

17 ottobre 2018: vengo convocato per la prima supplenza, della durata di due settimane, a G***, su cattedra di sostegno. Il 30 ottobre sarò poi convocato per una supplenza annuale, sempre su sostegno, a C***. Inizia così il mio primo anno scolastico italiano.

1 luglio 2019: scaduto il mio contratto annuale, chiedo la mia prima NASpI. La chiederò per i successivi tre anni.

23 settembre 2019: vengo convocato per la prima volta per una supplenza annuale di inglese. Andrò ad A***. È l’anno del Covid. Pur licenziato ogni anno a giugno e ripreso a settembre inoltrato, riuscirò a mantenere una continuità di tre anni scolastici. Ogni anno però dovevo ri-iscrivermi alle liste per i supplenti, che si aprivano per una finestra temporale limitata “a sorpresa” durante l’estate, e sperare che nessun altro scegliesse quella sede prima di me.

Giugno 2020: viene finalmente indetto un concorso ordinario per medie e superiori al modico costo di 10 euro ciascuno. Mi iscrivo a entrambi. Vorrei iscrivermi anche al concorso straordinario ma l’anno di servizio svolto in Irlanda (nonostante fossi a libro paga del MIUR) non mi viene riconosciuto e quindi non arrivo ai tre minimi necessari per sostenerlo.

Marzo 2022: dopo quasi due anni, vengono svolte le prove scritte dei concorsi ordinari del 2020.

Giugno 2022: devono ancora finire le prove dei primi due concorsi quando viene indetto un nuovo concorso straordinario per chi ha almeno tre anni di servizio. Questa volta ci rientro in pieno. Solo che costa 128 euro e ci sono solo 20 posti. Alla fine, decido di iscrivermi comunque.

Agosto 2022: supero anche l’orale relativo al concorso ordinario per le medie. Sono finalmente un docente abilitato… ma devo attendere la conclusione di tutti gli orali per scoprire se avrò una convocazione.

Settembre 2022: per un errore informatico scopro che A***, la “mia” scuola da tre anni, non è stata inserita tra le scuole selezionabili per quest’anno scolastico. Sono costretto a spostarmi in un’altra sede. Mi viene assegnata un’altra supplenza annuale di inglese, a D***.

Ottobre 2022: supero anche l’orale del concorso ordinario per le superiori. Sono finalmente un docente abilitato anche per l’insegnamento di secondo grado (ma devo attender eccetera… come sopra). Pochi giorni dopo supero anche il concorso straordinario (che è solo orale), con il massimo del punteggio. Finisco inaspettatamente in graduatoria.

Novembre 2022: mi viene comunicato che grazie alla mia posizione nel concorso straordinario ho ottenuto un posto di ruolo nella scuola di… A***! La stessa dei tre anni precedenti! Sulla carta, devo iniziare il giorno dopo, ma lascerei le mie attuali classi e farei licenziare la collega che nel frattempo ha preso il mio posto. Chiedo ed ottengo (in via eccezionale) di poter finire l’anno a D***. Inizia il mio “anno di prova”: un anno di lavoro con annessi corsi di formazione, ore di osservazione in classe, relazioni da compilare, e un sacco di altre incombenze burocratiche. Lato buffo della faccenda: essendo stato assunto dal concorso straordinario (che non era abilitante), devo sostenere un esame integrativo, su cinque materie, a mie spese (198 euro) entro giugno 2023 per perfezionare l’abilitazione. Se non lo supero, viene meno anche il contratto indeterminato che è appena stato prefigurato.

Maggio 2023: dopo un “corso” di oltre 120 ore di video-lezioni su argomenti che ironicamente, sulla carta, rappresentavano i prerequisiti di ammissione al concorso stesso, sostengo e supero l’esame integrativo presso l’Università di Torino.

Giugno 2023: sostengo l’esame finale di fronte al comitato di valutazione, composto da preside e alcuni colleghi che mi hanno osservato e valutato durante quest’ultimo anno scolastico.

1 settembre 2023: firmerò il contratto a tempo indeterminato.

…e in tutto ciò GRAZIE. Grazie ai colleghi e alle colleghe: da voi imparo ogni giorno, ma grazie soprattutto per avermi sempre spronato a non arrendermi. Ma grazie soprattutto ai miei studenti e alle mie studentesse, presenti, passati e futuri: è per voi che ha senso alzarsi ogni mattina, anche quando fuori è buio, ed è per voi che in questi “3 mesi di ferie” (che tre mesi non sono, e che comunque fino all’anno scorso erano mesi di Naspi), la scuola, in fondo, mi manca.

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Elezioni 25 settembre 2022: come si vota?

Quando si vota? Solo domenica 25 settembre 2022. Orario: dalle 7 alle 23.

Cosa serve? Documento di identità e tessera elettorale. Se non ce l’hai puoi richiederla al comune, anche il giorno stesso del voto.

Per cosa si vota? Per eleggere 400 deputati e 200 senatori, cioè tutti i membri del parlamento.

Come si vota? 1/3 con il metodo uninominale, gli altri con il proporzionale. I due metodi sono attivi contemporaneamente, in questo modo:

> Uninominale: ogni coalizione o lista singola presenta un nome per una zona (detta “Collegio uninominale”): è il nome scritto grande sopra i simboli. All’interno del collegio viene eletto colui che, tra i candidati uninominali, ottiene anche un solo voto in più.

> Proporzionale (o “plurinominale“): ogni lista presenta fino a 4 candidati legati alla singola lista: sono i nomi scritti a destra di ogni simbolo. All’Interno del collegio plurinominale risulta eletto più di un candidato, proporzionalmente alla percentuale di voti ottenuta da ogni lista in quella zona.

Come è fatta la scheda?

Per votare si può fare un segno sul nome di un candidato uninominale in alto e/o sul simbolo di una delle liste ad esso collegate. Il voto alla singola lista ricade automaticamente sul candidato uninominale. Non è ammesso votare un candidato uninominale insieme a una lista non collegata.

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Ma veramente

Usseaux, 20 luglio 2022. Durante una passeggiata in montagna con un paio di amici faccio la conoscenza di un ragazzo sui 15 anni nella nostra piccola comitiva, che chiameremo Filippo. Filippo è olandese, ma è bilingue poiché, spiega, suo padre è italiano. Verso la fine del percorso ci raggiunge proprio il padre, anzi i padri: uno olandese e l’altro, appunto, italiano. I due si erano spinti un po’ più a monte, a comprare del formaggio ad un vicino alpeggio. Si parla del più e del meno, principalmente del sistema scolastico olandese (il padre italiano è un insegnante) e dell’azienda del padre olandese, che ha studiato linguistica come me e che ha messo a punto un servizio di videoscrittura assistita.

A un certo punto uno dei due accenna ad un recente periodo passato da Filippo con sua madre. Mi informo meglio e scopro che Filippo è figlio biologico del padre italiano e di una loro amica, un’avvocata olandese. Filippo ha anche un fratello più grande, che è invece figlio biologico della stessa madre ma dell’altro padre, quello olandese. “Anche se – tengono a precisare i due – ci chiamano entrambi papà”. “Però non risultano legalmente figli di entrambi“, ragiono. E qui arriva la notizia: i Paesi Bassi stanno discutendo una legge che permette a ognuno di avere fino a quattro genitori, proprio per includere al meglio famiglie come quella di Filippo. Infatti, Filippo e suo fratello frequentano abitualmente sia i papà sia la mamma, abitando alternativamente nelle case degli uni e dell’altra. Insomma, a prescindere da come andrà il dibattito parlamentare, tutti e tre sono già, ai loro occhi, “papà e mamma” – solo che sono due papà e una mamma.

“La mamma di Filippo ed io”, aggiunge il papà italiano “siamo stati ascoltati proprio dalla commissione parlamentare che sta vagliando questa legge, e crediamo che ci siano buone probabilità che sia approvata”. A questa notizia, mi ritrovo ad essere felice per loro; penso anche che, se l’avessi semplicemente letta su un giornale, l’avrei giudicata in modo più freddo. In quel contesto, invece, mi è sembrata la cosa più sensata e giusta di questo mondo. Ancora una volta, la conoscenza delle persone dietro alle etichette è l’arma più potente contro ogni pregiudizio, penso. Anche quelli che non pensavo di avere.

Poi però, sorrido amaramente: “In Italia questa è pura fantascienza”, commento. “Qui ai gay non è concesso nemmeno adottare”. La legge italiana infatti prevede che solo una coppia eterosessuale sposata possa accedere all’adozione.

“Ma veramente?”, esclama Filippo, sinceramente stupito di uno stupore nuovo. Lo stupore di chi scopre una realtà in cui lui non potrebbe essere amato nel modo in cui è amato; una realtà dove, a rigor di logica, non potrebbe neanche esistere.

Ebbene, credo che quel “Ma veramente?”, detto con quel tono incredulo, valga più di un miliardo di discorsi sul valore dei diritti delle famiglie LGBT+. In quel momento Filippo deve aver compreso un po’ di più quanto alcuni diritti non sono affatto scontati. Tuttavia, senza saperlo, con quel commento oggi Filippo mi ha dato una speranza nuova: la speranza che un giorno un ragazzo della stessa età mi possa rispondere con lo stesso stupore quando gli racconterò com’era essere omosessuale quando io avevo 31 anni. E che magari quel ragazzo mi chiami papà.

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Giovanni Impastato è cittadino onorario di Alpignano

Riporto qui di seguito il mio intervento in occasione del Consiglio Comunale del 28 aprile, quando è stata conferita la cittadinanza onoraria a Giovanni Impastato. L’intervento è anche ascoltabile a questo link, a partire dal minuto 16:07.

Quello che ratifichiamo oggi è il frutto di un cammino lungo molti anni, un percorso che ha visto come protagonisti una comunità ma soprattutto due associazioni: la nostra Associazione Calabresi da una parte, e l’associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato dall’altra, per la quale l’Associazione Calabresi è referente locale.

Giovanni Impastato durante la diretta del Consiglio del 28 aprile

Giovanni Impastato, fratello di Peppino ucciso dalla mafia nel 1978, è stato già tante volte gradito nostro ospite ad Alpignano in questi ultimi anni. Da oggi smette di essere tale, e diventa a pieno titolo parte della nostra comunità.

Questo per noi è un grande privilegio e un onore, perché Giovanni, sia personalmente sia proseguendo idealmente la strada tracciata da Peppino, rappresenta un tipo di impegno contagioso, che ci interroga tutti sul senso profondo di legalità che, come ha affermato lui stesso, va ben oltre il mero rispetto delle leggi, ma implica la realizzazione della dignità umana. Per fare ciò, sempre per citare la testimonianza di Giovanni, non basta essere cittadini giusti e onesti, ma è necessario anche essere cittadini partecipi, non solo per se stessi ma soprattutto verso gli altri, perché la partecipazione si manifesta anche – se non soprattutto – nel confronto, nella riflessione, nella crescita e nel miglioramento vicendevoli.

Questa strada non è semplice, perché implica l’essere disposti a mettere in dubbio le proprie certezze, le nostre piccole zone di comfort: Peppino è stato in questo un grande esempio, lui che, cresciuto in un ambiente mafioso, ha dapprima imparato a riconoscerlo e poi ha scelto di proporre un’alternativa. Quando questo ha portato alla morte prima di suo padre e quindi alla sua, la sua famiglia ne ha preso il testimone, per dare voce al suo messaggio e insieme lottare per la verità su un caso troppo frettolosamente archiviato come suicidio.

L’aspetto che forse più di tutti mi ha colpito dell’intera vicenda è proprio la suo dimensione familiare. Non alludo qui soltanto alla continuità del messaggio di Giovanni rispetto a quello di suo fratello, ma anche alla lotta della madre Felicia, che ha dapprima portato alla verità processuale, e poi all’idea di aprire casa Impastato per farla diventare “casa-memoria”, una casa museo. In una sorta di idea estrema di famiglia allargata, la casa di tutti.

L’estate scorsa ho avuto occasione di visitare Cinisi e Casa Memoria. In questo privato che si fa comunità uno dei messaggi più belli che ho raccolto è stato proprio questo: laddove la mafia divide – e ha diviso la stessa famiglia di Peppino e Giovanni – ispirarci l’un l’altro, essere fratelli o madri l’uno dell’altro, può essere veramente la strada giusta per perseguire la legalità nel suo senso più alto, quello di comunità: ognuno nel suo ambito, ad ogni livello, a partire dall’educazione civica dei più giovani.

Questo vuole essere anche il mio augurio, nel dare stasera il benvenuto a Giovanni nella nostra comunità: che in nome di quel senso più alto di legalità che ho richiamato prima ci lasciamo contagiare dalle domande, dalla voglia di partecipare, di uscire da noi stessi per essere sempre più e sempre meglio comunità.

Davvero benvenuto Giovanni, e grazie.

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